Riaprire i Navigli
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UN VECCHIO ARCHITETTO SI SCHIERA CONTRO IL PROGETTO DI RIAPRIRE I NAVIGLI. UN’OCCASIONE IN PIU’ PER RIAFFERMARE LE NOSTRE RAGIONI.

17 giugno 2015

Pubblichiamo di seguito il link dell’articolo di Luca Beltrami Gadola http://www.arcipelagomilano.org/archives/38695 e una nostra prima risposta.

RIAPRIRE I NAVIGLI: SAGGIA VECCHIAIA MA NON SOLO
Caro Luca, alcuni di noi, quando eravamo giovani, pensavamo che fosse inutile riaprire i Navigli perché il paesaggio che li circondava, quando erano aperti, non c’era più.
Oggi che siamo più vecchi, e abbiamo visto la città trasformarsi continuamente, la pensiamo diversamente: è utile riaprire i Navigli perché intorno ad essi si formi un nuovo e migliore paesaggio per la Milano di domani.
Lasciamo ai lettori decidere se questa nostra idea dipenda dalla vecchiaia o no, o se dipenda dal fatto che ci siamo lasciati anche noi trasportare dalla foga di tanti giovani e giovanissimi che partecipano all’attività della nostra Associazione e ci spronano ad andare avanti.
Nel merito, dalle tue righe sembra trasparire il solito pessimistico concetto di una città statica, in gran parte irreparabilmente rovinata, che è possibile solo “rammendare”, non trasformare e non innovare. Dove ogni volontà di cambiare il paesaggio diventa un guardare indietro e dove ai guasti del “tardo modernismo/futurista” non si può più porre rimedio.
Madrid ha riaperto il Manzanarre e Tokio sta riaprendo i suoi canali, ma a noi non importa come va il mondo. Saranno anche quelli casi di senilità o di vista lunga?
E’ la stessa concezione che sta negando a Milano gli strumenti per evolversi nel futuro come grande area urbana moderna e sostenibile (espungendo dal PUMS rami di metropolitana già approvati dal CIPE, confinando nel dimenticatoio il Secondo passante ferroviario, spendendo retorica per una Darsena “restituita” alla città senza l’accessibilità consentita da necessari parcheggi e istituzionalizzando lo scandalo della sosta irregolare).
Ma la città è cosa in continuo mutamento che va progettata - con la necessaria visione - trasformata e ricostruita incessantemente, se la si vuol mantenere viva. E’ questo l’unico modo per “preservarla”.
Veniamo alla democrazia: la si misura sul fatto che interventi di miglioramento si facciano in centro piuttosto che altrove, o sul fatto che la più grande quantità di cittadini di ogni classe possa godere anche del centro?
E’ più democratico enfatizzare le biciclette, (tagliando fuori i cittadini della città metropolitana che non pendolano a distanza ciclabile - si sa che sono i meno abbienti che vanno in auto) o organizzare ferrovie e metropolitane urbane in modo che da tutta la Lombardia si abbia facile ed economico accesso al centro di Milano?
Eliminare la funzione di circonvallazione della cerchia dei Navigli (un inaccettabile situazione antistorica che porta il suo carico di congestione e di inquinamento nell’area più centrale di Milano) vuol dire aumentare l’accessibilità con i mezzi pubblici, ferrovie e metropolitane (la M4 ha anche questa precisa funzione: scambia con il Passante ferroviario e distribuisce lungo i Navigli), a piedi e in bicicletta, per una massa di cittadini ben più grande e non necessariamente abbiente come chi risiede in Milano o nel suo centro.
Inoltre, naturalmente riportare l’acqua a Milano, anche nel suo centro come sta avvenendo in tutte le più interessanti città europee e non solo, e restituire al cerchia dei Navigli allo spazio pubblico, è un fatto di assoluta nuova modernità, che andrà a vantaggio di tutti anche di colore che abitano le zone più periferiche o i comuni dell’intera Lombardia, altro che “classista”.
Su una cosa possiamo essere d’accordo: un altro referendum è per certi versi inutile, perché 490.000 cittadini vecchi e giovani a favore della riapertura dei Navigli si sono già espressi nel 2011.



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